REGOLE PER NON RIDURRE LE CITTÀ A MERI LUOGHI DI SOGGIORNO BREVE

REGOLE PER NON RIDURRE LE CITTÀ A MERI LUOGHI DI SOGGIORNO BREVE

Foto di copertina: collage di titoli presi dalla stampa fiorentina nelle prime settimane di aprile 2019

La crescita del turismo globale ha visto affermarsi negli ultimi anni un nuovo turismo urbano e la diffusione incontrollata delle locazioni brevi a esso dedicate. Parimenti, le piattaforme online che hanno reso possibile il boom delle locazioni turistiche si sono rapidamente trasformate in compagnie miliardarie. La prima e più nota, creata da tre studenti nel 2008 come start-up dedicata a promuovere la condivisione delle proprie abitazioni, è arrivata nel 2017 a fatturare 2,6 miliardi di dollari con più di tre milioni di annunci in 81,000 città e 181 Paesi differenti. Più di recente ha allargato il proprio orizzonte d’affari anche alla catena di hotel Oyo e alle piattaforme di prenotazioni last minute per le camere d’albergo. Nel 2018 ha lanciato la piattaforma Plus, da subito particolarmente attiva nelle città italiane, con solo inserzioni verificate e destinata a locazioni di particolare pregio. All’inizio di marzo 2019 ha annunciato di aver raggiunto la ragguardevole cifra di 500 milioni di prenotazioni.

Di pari passo a questo sviluppo dell’ospitalità diffusa l’industria del turismo ha messo in campo nuovi strumenti attrattivi

promuovendo intensamente forme di esperienze “like a local” con cui si offre al turista l’illusione di essere un residente temporaneo evitando la sgradevole concomitanza di percepirsi anche come consumatore. Restando alla sola piattaforma di cui sopra, il portale dedicato alle experiences, aperto nel 2016, conta oggi più di 15,000 offerte in 800 città del mondo e porta alla company il 20% del fatturato totale, stimabile secondo Forbes in 90 milioni a partire dal 2018.

Il business miliardario degli affitti turistici continua dunque a crescere e ha in Europa il proprio mercato principale con il 60% degli annunci totali, e ben 6 città europee nella lista delle 10 destinazioni al top.

Non stupisce perciò che intere comunità – dal più piccolo comune a interi Paesi come l’Italia –abbiano visto in tale crescente ondata un’imperdibile opportunità di sviluppo economico e vi si siano gettati a capofitto, senza porsi domande su costi e sostenibilità dell’affare in una prospettiva di medio lungo termine e, soprattutto, delle speculazioni immobiliari che tutto ciò porta con sé.

Come sempre però la realtà si afferma a dispetto delle illusioni.

In molte destinazioni l’espansione incontrollata dell’industria turistica sta portando con sé massicci processi di gentrificazione, spostando velocemente al servizio della ristorazione e della locazione turistica le attività economiche e le abitazioni d’interi quartieri. Accanto all’ospitalità in case offerte in condivisione da host residenti si è affermata una vera e propria attività d’impresa, e si assiste all’emergere di super host cui fanno capo da decine a centinaia di annunci di appartamenti dislocati in più di una città e anche in più Paesi, molti dei quali disponibili agli affitti brevi per buona parte dell’anno.

Il rischio che le città diventino spazi smart per temporanei city users paganti

Il pericolo che si percepisce ormai con chiarezza è che in assenza d’interventi regolatori le città si trasformino in spazi omologati, esclusivi e smart, per temporanei city users paganti, cessando di essere quel luogo di cittadinanza intrinsecamente proteso a una continua evoluzione creativa e culturale e consapevole della necessità di sostenere e tutelare i diritti di persone dalla più variegata diversificazione sociale ed economica.

Un recente articolo pubblicato su El Pais da Gaia Redaelli, riportando il monito di Neil Smith secondo cui la “generalizzazione della gentrificazione” deve essere intesa oggi come una strategia urbana globale” denuncia il grave rischio che incombe sulle città, a partire da quelle ricche di arte e storia “all’interno della città, la speculazione non riguarda solo lo spazio pubblico e i servizi collettivi, ma interviene anche nelle case dei suoi stessi abitanti, specialmente in quelle città che hanno un patrimonio architettonico, urbano e sociale più grande. L’industria del turismo, sempre più determinante nel mercato immobiliare, genera nuovi aspetti estremamente rivoluzionari… In Europa, la crisi dell’ultimo decennio ha colpito cittadinanza e amministrazioni, creando condizioni fertili agli hedge fund, per l’accesso alle aree urbane in cui una popolazione sempre più invecchiata e impoverita, è destinata a abbandonare le proprietà vendendole al miglior offerente. Questo fenomeno ha due caratteristiche principali: da un lato, c’è una trasformazione praticamente irreversibile, poiché è molto difficile per la popolazione locale avere accesso a questi beni dopo l’aumento dei prezzi; dall’altra parte, concentrandosi su aree di grande interesse storico, colpisce il cuore della città e, quindi, non solo il patrimonio materiale, ma anche il patrimonio immateriale che dà vita alle nostre città. De-configurare il difficile equilibrio tra la logica dell’economia globale e la cultura locale produce un’omogeneizzazione delle città e, allo stesso tempo, ha un alto rischio di perdita dell’identità sociale degli ambienti urbani.”

C’è un urgente bisogno di regole per preservare il senso delle città.

Di fronte a tutto ciò, mentre in Italia per ora ci si limita a tasse di soggiorno e ticket d’ingresso, in Europa e nel mondo sono sempre di più le amministrazioni cittadine che iniziano a introdurre regole sugli affitti turistici a breve termine con l’obiettivo di salvaguardare la città nella sua essenza. Molte amministrazioni urbane si trovano a fronteggiare seri problemi abitativi, alla base dei quali – oltre a un ritardo nelle politiche sociali e negli investimenti per l’edilizia sociale – ci sono le ondate speculative nel mercato immobiliare e il boom delle locazioni turistiche che causano una crescente conversione d’uso degli immobili sin qui a uso abitativo. Ad ammettere che il problema è serio, è arrivata anche la Commissione europea, sin qui non molto disposta a occuparsi del problema, nelle conclusioni del nono rapporto del dipartimento per il Mercato interno, industria, imprenditoria e PMI, dove a pagina 3 si afferma che seppur l’economia collaborativa non abbia necessariamente causato la scarsità di case e l’accessibilità dei canoni, può certamente aver contribuito con la propria crescita ad aggravarlo. In alcuni casi – come Parigi, Berlino, New York, Amsterdam – l’introduzione di nuove regole comincia a produrre risultati, con una diminuzione della percentuale di annunci online per gran parte dell’anno e/o di quella degli annunci multipli facenti capo a un solo host (si confrontino i valori riportati in tabella 1).

La strada da fare per contenere la gentrificazione turistica è ovviamente lunga, e occorre darsi da fare in fretta. Per questo ci sembra utile cominciare ad approfondire cosa si sta facendo in altri Paesi e città del mondo pubblicando qui di seguito alcune brevi schede informative.

 

Parigi

Londra

Berlino

Amsterdam

Bruges

Ginevra

Palma di Maiorca

Madrid

Barcellona

New York

San Francisco

Los Angeles

Anaheim

Santa Monica