Caro direttore,
Quanto leggiamo sul vostro giornale in questi giorni ci fa sentire il bisogno di contribuire anche noi a fare un po’ di chiarezza. Da una parte commenti stupiti per le annunciate aperture di nuovi hotel a fronte del più volte dichiarato blocco su tutta l’area comunale; dall’altra espressioni di speranza per una futura legge a regolamentazione degli affitti brevi a uso turistico, che rischiano di risultare mal riposte.
In merito ai nuovi hotel: occorre innanzitutto rimarcare che l’introduzione del blocco in tutto il comune è, per ora, intenzione dichiarata per il prossimo piano operativo che andrà a sostituire il regolamento urbanistico tutt’ora vigente. Va poi tenuto presente che non è affatto detto che gli student hotel, o studentati, rientrino nell’ambito della limitazione. A seconda di come si configurano, infatti, possono ricadere nella classificazione d’uso ricettiva come gli hotel ( 5-a nel regolamento urbanistico vigente), o rientrare nella classificazione direzionale, come attività di ospitalità temporanea diversa dalle attività ricettive (3-f nel r.u. vigente).
In merito agli affitti brevi a uso turistico: le proposte di legge in discussione perseguono il recupero alla fiscalità generale e locale di eventuali elusioni, introducendo codici identificativi. A questi si aggiungerà forse anche un limite al numero di appartamenti che un singolo titolare può porre in affitto (si parla di 3-4), oltre il quale l’attività verrebbe considerata professionale. Al netto della discutibilità di tale soglia – già ora al di sotto di quel limite molti sono a partita iva, o hanno dato l’immobile in gestione ad agenzie – va ben chiarito che questa possibile nuova legge lascia aperti buona parte dei problemi. Non solo gli affitti brevi, ma gran parte delle attività ricettive extra-alberghiere (di cui si è constata l’esplosione in questi ultimi anni), possono svolgersi in immobili classificati a uso residenziale (1-a nel r.u., come previsto nell’art. 54 della LR 86/2016).
Le conseguenze di questo “banale” particolare sono tutt’altro che di poco conto.
La prima è che questo rende possibile il fenomeno delle residenze fantasma, di cui abbiamo avuto sentore durante il lockdown, con tutto ciò che ne può conseguire in termini di elusioni delle tassazioni dovute. La seconda è che non essendoci obbligo di cambiare la destinazione d’uso l’amministrazione comunale non ha strumenti per limitarne l’apertura e la diffusione pervasiva. La terza, è il danno che si crea ai privati che si trovano a coabitare in condominio con b&b, residenza d’epoca, affittacamere ecc. Se l’immobile è residenziale, non vi è modo di ripartire i costi in modo equo e proporzionale al diverso uso di servizi e spazi comuni. Ed è indubbio che a parità di metri quadri, un B&b con 5 stanze a 2-3 letti e 5 bagni incida sul riempimento delle fosse biologiche, sull’uso degli ascensori o sui servizi di pulizia, parecchio di più di una famiglia di 2/3 persone (qui per approfondire).
Grazia Galli (Lettera pubblicata sul Corriere FIorentino del 12 novembre 2021)