Foto di copertina: la distribuzione degli annunci a Barcellona per interi appartamenti (rosso) o porzioni di immobili in condivisione (verde) fotografata da InsideAirbnb.com a fine 2018
Nella città catalana è possibile affittare al massimo due stanze per appartamento, per non più di 4 mesi all’anno, a condizione che il proprietario vi risieda (non è possibile affittare appartamenti interi) e abbia una licenza. Dal 2014 la città, che ha un serio problema abitativo (anche perché per anni non ha praticamente avuto un piano di edilizia sociale), ha sospeso la concessione di licenze per affitti a breve termine (il numero totale è fermo da allora a circa 9,600) e ha iniziato una battaglia legale contro le piattaforme degli annunci online, sanzionandole per oltre mezzo milione di euro per la pubblicizzazione di inserzionisti privi di licenza.
Nel 2015 Ada Colau, portavoce di PAH il movimento contro gli sfratti, è stata eletta Sindaco da una maggioranza di cittadini mobilitatisi contro l’eccessiva turistificazione e per l’aggravarsi del problema casa (i canoni d’affitto sono aumentati del 29% dal 2014 arrivando a richiedere anche il 45% di uno stipendio medio).
Nel 2017 il Comune ha siglato un accordo con le principali piattaforme online ponendo in capo a esse l’onere di contribuire al contrasto degli annunci illegali. L’accordo non ha funzionato in modo soddisfacente, tanto che nel 2019 si è giunti ad approvare il piano speciale urbanistico di alloggio turistico. In base a questo nuovo piano urbanistico sia nei quartieri centrali sia in quelli semicentrali non sarà più possibile crearne alloggi destinati agli affitti turistici e nei quartieri del centro si andrà a una progressiva riduzione del numero di quelli esistenti. Continua a crescere nel frattempo la mobilitazione dei cittadini, tra i quali la sensibilizzazione al problema è molto alta, tanto che attivamente si organizzano per mappare e denunciare gli alloggi affittati illegalmente ai turisti.