Disturbo da Accumulo: Associazione DispoSons

Presentazione

Ho creato la pagina Facebook DispoSons il 2 gennaio 2017 (giorno del mio 38° compleanno) perché trovavo pochissime risorse in lingua italiana, ragion per cui decisi di dedicarmi io stesso a fare divulgazione su questo problema con il supporto scientifico di uno specialista. A conferma che c’era effettivamente un vuoto da colmare, la pagina ha subito suscitato l’attenzione di tante persone. Adesso quasi ogni giorno qualcuno la contatta privatamente, chiedendo aiuto o ringraziando, anche solo perché ora conosce almeno il nome dell’ “oscuro male” che ha colpito la sua famiglia.
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Statistiche

Il fatto che pochi conoscano il disturbo da accumulo è un apparente paradosso, perché ogni tanto sui giornali se ne parla, purtroppo però solo per i casi più eclatanti.
Eppure è un disturbo frequente; studi americani suggeriscono che abbia un’incidenza del 3-4% nella popolazione generale. Proiettando questa statistica sulla popolazione italiana, si parla di almeno 2 milioni e mezzo di persone. Ma non solo, perché il disturbo è invalidante per tutto il nucleo familiare e rende il numero delle persone coinvolte ancora superiore. In Giappone le stime indicano che ad esserne interessata potrebbe essere addirittura il 6% della popolazione e c’è ragione di pensare che questi numeri siano più vicini al vero. In giappone il privato è sacro, nessuno si esprimerebbe mai sul modo in cui un’altra persona gestisce casa propria, di conseguenza l’accumulo non costituisce una vergogna sociale e diventa un dato pubblico.
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L’isolamento

Come è possibile quindi che non vediamo intorno a noi un numero così alto di vittime di un disturbo, per di più così ingombrante? Il motivo risiede anche in una componente nucleare del disturbo da accumulo: la segretezza. Fuori di casa  non traspare nulla o quasi nulla, la maggior parte degli accumulatori fanno vite relativamente normali, al massimo possono apparire un po’ più trasandati o “eccentrici”. Man mano che gli oggetti tolgono metri quadri preziosi allo spazio vitale, queste persone progressivamente riducono i contatti con l’esterno, senza per altro maturare consapevolezza di avere un problema. A chi cerca di aiutarli a capire, oppongono una ferma negazione del problema. Figli e familiari, non sapendo come aiutarli (in realtà, purtroppo, da soli non possono), non hanno spesso altra scelta che andarsene, o restarne travolti. E’ così che il tutto resta un segreto tra quattro mura.

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La tardiva identificazione, eziologia

Fino a pochi anni fa il disturbo da accumulo non era nemmeno presente nel manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM), e anche quando venne introdotto fu inizialmente erroneamente identificato come un effetto del disturbo ossessivo-compulsivo, con il quale, peraltro, quasi sempre convive. I due disturbi si rafforzano reciprocamente, ma hanno un evoluzione e un’origine distinta.
Quello che sappiamo del disturbo da accumulo, è che nella maggioranza dei casi analizzati dai ricercatori sono compresenti:

  1. Una probabile precondizione neurologica;
  2. Un evento traumatico nell’infanzia inerente ad una perdita e/o ad una grave e improvvisa deprivazione materiale;
  3. Un evento traumatico nella vita adulta, superiore alla capacità di adattamento della persona, che dà il vero inizio alla manifestazione del disturbo.

Come dire, eventi drammatici che a molti provocherebbero “solo” una crisi transitoria, in certe persone provocano un disturbo cronico che continua a peggiorare e aggravare i propri effetti nel tempo.
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Difficoltà di guarigione

Purtroppo, per le sue caratteristiche è molto difficile guarire dal disturbo da accumulo; anche per chi accetta un trattamento i rischi di ricaduta sono molto elevati.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale e l’aiuto di un clinico specializzato possono offrire una soluzione, anche se difficile da concretizzare perché per un periodo molto lungo sarà quasi sicuramente lo psicoterapeuta a doversi recare presso la casa del paziente, e questo è parecchio complicato sia dal punto di vista organizzativo che economico.
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L’effetto sui figli

È nell’aiuto ai figli che la divulgazione ha un ruolo fondamentale: crescere nella casa di un accumulatore ha gravi ricadute sulla socialità e sull’immagine di sé. Inoltre, il rifiuto dei genitori di “ragionare”, l’evitamento dialettico, la negazione della realtà del problema, lo sminuire il disagio del “figlio segnalatore” innescano in quest’ultimo/a rabbia e profondi sensi di impotenza e di colpa (come per qualunque altro abuso, specie se sminuito o negato).
A complicare ulteriormente i rapporti familiari è infatti la consapevolezza che il genitore abusante è la prima vittima della propria condizione, e non riesce quasi mai a rendersi conto della sofferenza che arreca ai figli, perché il disturbo è “accecante” e gli impedisce di vedere e comprendere i suoi stessi effetti.
La risoluzione del rapporto con i genitori diventa quindi fondamentale per i figli, affinché si possano costruire una vita normale, imparando a distinguere l’individuo (il genitore per cui si prova affetto e che si vorrebbe “soccorrere”) dal disturbo, che annulla la volontà del primo e rende la relazione impossibile. Che i figli superino la loro esperienza è importante non solo per loro stessi, ma anche perché al momento sono gli unici che, una volta riscoperta la propria dimensione, possono fare qualcosa per aiutare i propri genitori.
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L’importanza della divulgazione

Oltre ad essere fondamentale per offrire a figli e familiari una chiave per intepretare quanto si trovano a fronteggiare, la divulgazione è essenziale per gli stessi soggetti affetti dal disturbo da accumulo nonché per gli operatori dei servizi sanitari e sociali chiamati a intervenire. Se infatti coloro che ne sono affetti (direttamente o indirettamente) non sanno nemmeno che il disturbo da accumulo è effettivamente un disturbo mentale e che esiste una terapia, di certo non avranno possibilità di rivolgersi ai clinici. Allo stesso tempo, se il problema non viene alla luce nelle sue reali dimensioni, difficilmente le istituzioni e gli enti preposti si organizzeranno per creare corsi di formazione professionale e percorsi di assistenza e cura.
Anche i programmi di intrattenimento possono fare e hanno fatto la loro parte: il docu-reality “Hoarders” (in italiano “Sepolti in casa”), trasmesso dal network americano A&E, ha avuto il merito di far conoscere il disturbo da accumulo ad un pubblico molto vasto, e spezzoni del programma vengono utilizzati anche nella terapia dei pazienti colpiti da questo disturbo.
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Criticità legali

Il disturbo da accumulo ha una serie di gravi implicazioni per la sicurezza e la salute pubblica (pensiamo agli accumulatori di animali, che per ovvi motivi vengono alla luce più spesso, e di solito finiscono in sequenza per essere: denunciati per maltrattamenti, sottoposti a un TSO e ad uno sgombero forzato). La mancanza di una diagnosi può poi comportare anche delle responsabilità penali per i figli, che difficilmente riescono a spiegare ad un funzionario o ad un giudice tutelare perché non sono mai riusciti ad aiutare i propri genitori, nè un eventuale faticoso percorso compiuto a vuoto per cercare aiuto.
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Il dramma dello sgombero forzato

In generale di fronte a ogni tentativo di confronto con la realtà, la persona colpita da disturbo da accumulo non pare sentire ragioni, risponde alle accuse con evitamenti, attribuendo lo stato della propria abitazione alla depressione, a problemi di salute, alla perdita del lavoro, ecc. (eventi che in realtà sono più effetti, che non cause del disturbo). Lo fa con i familari e lo fa con i servizi sociosanitari e l’eventuale forza pubblica chiamata a intervenire.
In alcuni casi la situazione igienica della casa peggiora al punto da portare infestazioni di insetti e roditori, dall’appartamento fuoriescono cattivi odori, per non dire del rischio di incendio che si crea quando in uno spazio ristretto sono accumulate letteralmente tonnellate di materiali infiammabili. Succede dunque che i vicini si allarmino e allertino i servizi sociosanitari.
La risposta che il sistema sociosanitario al momento offre è quasi sempre una sola: lo sgombero forzato. Un’esperienza estremamente dolorosa per l’accumulatore, lacerato dal vedersi buttare via oggetti che gli servono per “tenere insieme” la propria identità. Questo tipo di intervento evolve quasi sempre nel rafforzamento dell’esclusione sociale verso un soggetto percepito unicamente come pericoloso e non come bisognoso di aiuto.
Gli effetti sulla persona sono lo sviluppo di idee suicidarie, a volte messe in pratica, un incremento della già altissima diffidenza verso gli altri e l’accentuarsi dell’esclusione sociale.
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Cosa abbiamo fatto e cosa vogliamo fare

Ad oggi DispoSons è l’unica community in lingua italiana di familiari di persone con disturbo da accumulo; abbiamo collaborato con psicoterapeuti, ricercatori, docenti universitari, redazioni televisive in varie città d’Italia, iniziando a costruire un network di professionisti specializzati.
La pagina Facebook DispoSons dal 2017 al 2018 è stata una prova sul campo, propedeutica ad un’associazione no profit che si costituirà nel 2019 e sarà dedicata alla divulgazione su questo disturbo, opera che è in senso letterale l’unica speranza per milioni di persone. Tra gli obiettivi che ci proponiamo, se le istituzioni preposte ci offriranno sostegno, c’è anche l’organizzazione di gruppi per aiutare i figli nel pericoloso sgombero della casa di un genitore accumulatore, attività che altrimenti può durare mesi o anni (alcune persone che ci hanno contattato hanno sospeso la libera professione per trasformarsi in spazzini, esponendosi anche a rischi sanitari, tagli, contaminazioni, o fratture per crolli accidentali dei materiali accumulati).
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Bibliografia medica e divulgativa in lingua italiana

  • DSM5, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, 2014, American Psychiatric Association. pp.286-291. Il disturbo da accumulo (hoarding disorder), precedentemente descritto come criterio di diagnosi del disturbo ossessivo-compulsivo in questa ultima edizione è introdotto come categoria diagnostica a sè stante.
  • Randy Frost e Gail Steketee. Tengo Tutto, traduzione di F. Sanavio, 2013, Edizioni Erickson.
  • AA.VV. Il disturbo da accumulo, 2015. Edizioni Raffaello Cortina.
  • Caterina Novara e Susanna Pardini. Il disturbo da accumulo e la sua valutazione, 2018, Edizioni Erickson. DispoSons ha contribuito a stesura e promozione del volume
  • Giada Gallo. Il ruolo della disregolazione emozionale nel disturbo da accumulo, Tesi di laurea magistrale per il dipartimento di Psicologia Generale dell’Università degli Studi di Padova, 2018
  • Alessandro Marcengo. Disposofobia.org, Sito divulgativo realizzato in collaborazione con il Centro Clinico Crocetta di Torino.
  • Sezione note della pagina Facebook DispoSons

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Bibliografia medica in lingua inglese

  • Frost R.O., Hartl T.L. (1996) A cognitive-behavioral model of compulsive hoarding. Behaviour Research and Therapy, 34: 341-350.
  • Steketee G, Frost RO, Kyrios M. (2003) Cognitive aspects of compulsive hoarding. Cognitive Therapy and Research, 27:463-479.
  • Hartl, T. L., Duffany, S. R., Allen, G. J., Steketee, G., & Frost, R. O. (2005) Relationships among compulsive hoarding, trauma, and attention-deficit/hyperactivity disorder. Behaviour Research and Therapy, 43: 269-276.
  • Frost R.O., Steketee G, Tolin D, Brown T. (2006) Co-morbidity and diagnostic issues in compulsive hoarding. Paper presented at: Annual Meeting of the Anxiety Disorders Association of America, Miami.
  • Tolin, D. F., Frost, R. O., & Steketee, G. (2007). An open trial of cognitive-behavioral therapy for compulsive hoarding. Behaviour Research and Therapy, 45, 1461-1470.
  • Tolin, D. F., Frost, R. O., Steketee, G., & Fitch, K. E. (2008). Family burden of compulsive hoarding: Results of an Internet survey. Behaviour Research and Therapy, 46, 334-34
  • Rachman S, Elliott CM, Shafran R, Radomsky AS. (2009) Separating hoarding from OCD. Behav Res Ther;47: 520–522.
  • Mataix-Cols D, Frost RO, Pertusa A, et al. (2010) Hoarding disorder: a new diagnosis for DSM-V? Depress Anxiety, 27: 556-572.
  • Muroff J, Bratiotis C, Steketee G. (2010) Treatment for hoarding behaviors: a review of the evidence. Clin Soc Work J. doi: 10.1007/s10615-010-0311-4. 2010.
  • Pertusa A, Frost RO, Fullana MA, et al. (2010) Refining the diagnostic boundaries of compulsive hoarding: a critical review. Clin Psychol Rev, 30:371-386.
  • American Psychiatric Association (2013) Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders. 5th ed., text revision. Washington, DC: American Psychiatric Press.

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Contatti

Per entrare in contatto con DispoSons scrivete a info@disposons.it

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