Firenze si scopre calda, troppo. Certo c’è la crisi climatica, ma il problema delle isole di calore non è di oggi e il suo aggravarsi ha più a che fare con le politiche urbane, quelle passate e quelle messe in campo giusto settimane o mesi fa.
Bene dunque che si pensi a piantare nuovi alberi in tutta la città e anche nel centro storico in luoghi ove mai son stati. Ma affinché tutto questo si ancori alla realtà sarebbe utile una puntuale presa d’atto degli errori commessi. Per ripararli, non per altro.
Piazza della stazione, per fare uno dei tanti esempi possibili. Come in altri casi analoghi in varie parti della città, neanche qui si volle dare ascolto ai residenti, che ben conoscevano i benefici che si andavano a perdere con il taglio di tutti i 19 grandi pini.
L’unico futuro di cui si ebbe cura allora fu quello della tranvia, da inaugurare al più presto. Pochi mesi dopo, con il caldo estivo l’errore si palesò in tutta la sua tragicità. Alle fermate le persone accusavano malori, e piazza della Stazione è divenuta una gigantesca bomba di calore che si irradia tutt’attorno. Così è e così par destinata a restare. Perché prima che gli alberelli ripiantati esercitino qualche effetto ci vorranno decenni, e siccome sono sempre pini, quando finalmente faranno ombra qualcuno dirà che sono pericolosi e li farà tagliare.
Si agì allora con determinazione a fare quanto serviva al sistema tranviario prescelto anche se così si cambiava il volto architettonico della piazza. Inspiegabilmente però nessun cambiamento fu fatto per mitigarne l’impatto devastante sulla qualità della vita nell’area.
In nome della conservazione di quel che era – e mai sarà più – si scelse di non cambiare specie arborea, di non aumentare le alberature, di non mettere pensiline alle fermate e di lasciare a erbaceo (incolto) l’area centrale la piazza. Si vorrà riparare ora? Lo speriamo.