GOVERNO DEL TERRITORIO: LA PARTECIPAZIONE CHE NON C’È

GOVERNO DEL TERRITORIO: LA PARTECIPAZIONE CHE NON C’È

E’ notizia di questi giorni l’approdo in discussione tra i banchi del Consiglio Regionale di una serie di emendamenti alla Legge Regionale Toscana n. 65/2014, la Legge del Governo del Territorio, anche nota come “Legge Marson”, dal nome dell’allora assessora regionale all’urbanistica.

Poco stupisce quindi, se proprio ora, quasi in contemporanea, si assiste al moltiplicarsi d’iniziative e simil convegnistica sul tema, con questo o quel luminare dell’architettura. O se sui giornali trovano crescente spazio accorati imprenditori che, dal proprio punto di vista certamente non disinteressato, ci spiegano perché per uno sviluppo davvero sostenibile occorra ridurre velocemente le tutele introdotte dalla legge Marson. Una legge cui tutti riconoscono l’indubbio pregio di aver ridato autorevolezza al governo pubblico dell’urbanistica, dotando istituzioni e amministrazioni di più efficaci strumenti per contrastare la rendita passiva, incanalandola piuttosto verso progetti condivisi di riqualificazione e recupero del territorio e, così facendo, allargandone il potenziale distributivo.

Sconcerta, invece, che a suonare l’allarme di fronte a simili attacchi siano per ora quasi solo la CGIL, il SUNIA e Legambiente.

La politica appare muoversi in ordine sparso e inaspettatamente (?) debole. Le stesse voci che da Firenze ieri risuonavano sulla stampa nazionale a invocare più poteri ai sindaci, nuovi strumenti per contrastare la diffusione incontrollata di esercizi ricettivi e di ristorazione nelle città e nei borghi stravolti dalla turistificazione, ora si fanno flebili. Le parole delle archistar calate a sostenere le lobbies in armi contro la legge Marson, diventano la “prospettiva che ci proietta nella Firenze del futuro”.

A ben pensarci, però, anche lo stupore è forse ormai fuori posto. La ripresa, il PNRR ridipingono di vesti sonnamboliche le coscienze che nei mesi del lockdown avevano percepito la profondità del baratro verso il quale ora si riprende a correre. E se prima l’attitudine delle archistar a progettare brand e non luoghi era vista come un problema, ora si trasforma in risorsa, unica boa di salvataggio per una politica ripiegata sull’oggi. Del resto cos’è il brand se non sapiente narrazione? Immagini e parole opportunamente messe insieme riscrivono la storia di luoghi e persone ricreandoli a nuova forma, perché dunque la politica dovrebbe privarsi di tale risorsa?

Dal marketing territoriale alla partecipazione il passo è breve. Alla trasformazione iconica non servono unità di misura, tutto si tiene.

Succede così che a Firenze ci si accinge a elaborare il nuovo piano operativo comunale, cioè il principale strumento di governo del territorio, dopo un percorso partecipativo che, si vuole, abbia coinvolto addirittura tutta la cittadinanza. Poco importa se i numeri di partecipanti a Firenze Prossima corrispondano allo 0,2% dei residenti nel Comune (0,25% se riferito agli aventi diritto di voto; 0,4% se riferito ai votanti alle ultime amministrative).

Il resto verrà dopo, forse, quando la rappresentanza non sarà più tema di cui occuparsi, perché nel territorio ridotto a brand gli interlocutori non saranno certo gli elettori, quanto, e neanche tanto iperbolicamente, gli azionisti.