Foto di copertina © Massimo Lensi
Firenze 17 gennaio 2020
Firenze è diventata una città faticosa per tutti, ma negli ultimi tempi si sta addirittura rivelando impossibile per chi, per una regione o per l’altra, ha qualche motivo di fragilità in più.
In molte altre strade, e non solo del centro, ci sono buche che compiono gli anni, alcune più fortunate in compagnia di un cartello che col tempo si rompe aggiungendosi al problema segnalato, percorsi pedonali protetti che si trasformano in parcheggi, ascensori che solo dopo anni sono finalmente rimessi in funzione o sostituiti, strade e marciapiedi piene di barriere create da ogni tipo di mezzo in sosta, o da sedie, tavolini, dehors.
Accadono poi fatti che nella loro tragicità dovrebbero indurci a riflettere, prima di abbandonarci all’indignazione, per cercare di capire dove stiamo sbagliando.
Il plurale è d’obbligo perché la città è una comunità verso la quale ogni cittadino, ha delle responsabilità, a partire da chi è stato scelto per amministrarla. Nelle nostre strade e nelle nostre piazze abbiamo lasciato accumulare problemi, alcuni di pura competenza amministrativa, altri cui contribuisce non poco anche l’incuranza che ciascuno ormai mostra verso il bene comune, verso chi è scomodo, o semplicemente povero.
Cumuli di problemi, divenuti ormai barricate di schieramento nei conflitti che necessariamente ne conseguono, in assenza di un’Amministrazione capace azioni quotidiane che nella cura facciano percepire il senso civico del bene comune a tutti e con ciò trasmettere il dovuto senso della responsabilità collettiva con autorevolezza, senza derive securitarie.
Fare smart app per segnalare i percorsi accessibili, o lanciare hashtag come #chattalabuca, non serve se non si ha al contempo la cura di impedire che nuove barriere e più insidiose trappole si formino di continuo. Similmente, riempire le strade di telecamere, gruppi di controllo whathsapp, sensori e iperconnessioni può certamente aiutare il brand di Firenze e del suo Primo Cittadino a scalare le classifiche smart del marketing politico, ma non migliora la qualità del vivere nella città.
Le strade, le piazze, i marciapiedi sono parte di quel bene comune su cui la vita della città scorre. Prendersene cura con puntualità meticolosa, aiutando chi è in difficoltà, monitorando con continuità i servizi per intervenire subito senza aspettare future “rivoluzioni”, esercitare con umiltà l’ascolto dei problemi segnalati da singoli cittadini, associazioni o comitati, dialogare con le opposizioni affinché il Consiglio comunale torni luogo di lavoro per il bene collettivo e non terra di scontro per fazioni, sono azioni ora dimenticate, che devono tornare a essere elementi centrali del buon amministrare.
La città è di tutti e per tornare a essere vivibile e sicura per ciascuno ha bisogno di un rinnovato patto di fiducia basato sulla responsabilità condivisa. Altrimenti la complessità urbana si trasforma in un’arena di egoismi reciprocamente legittimati, cui neanche il più sofisticato controllo digitale potrà più porre rimedio.