Foto di copertina © Massimo Lensi
“Cos’è la città se non la gente?” chiede Sicinio nel Coriolano di Shakspeare. La città la si vive con tutti i suoi abitanti e con tutti i sensi. Firenze è un paesaggio sensoriale, costruito sui suoi musei, sulle bellezze dell’antico passato, ma anche sugli odori e i rumori. “Ah, l’odore! L’odore di Firenze! Ogni città, permetta che glielo insegni, ha il suo particolare odore”, dice la signorina Lavish in Camera con vista di Forster.
La Madonna del Puzzo.
In una piccola viuzza dell’Oltrarno, in una nicchia in alto, l’artista Mario Mariotti modellò una Madonna fiorentina che di un senso ha fatto modello e cultura popolare: la Madonna del Puzzo. Tutti la conoscono e ne apprezzano il messaggio, perché l’odore di Firenze è nient’altro che il suo puzzo.

L’economia della puzza.
Firenze è così, accoglie con la distratta esperienza del pescivendolo in pieno agosto sia il turista globale sia i suoi abitanti e da essi in cambio merita analogo trattamento. Se non altro per sfida. Che dire allora al turista che consuma la città, sporcando, lasciando cartoni di pizza unta sui sagrati e dialogando con essa come fosse una lavastoviglie? Niente.

Perché Firenze puzza: di cantieri e di antiche fognature, di povertà e di faticoso lavoro precario, part time o in nero nelle migliaia di esercizi di ristorazione e accoglienza, dell’economia dei rifiuti che trabocca dai cassonetti, di smog e di diavolerie che escono sotto forma gassosa dalle trattorie globalizzate, degli urinatoi improvvisati nei vicoli, perchè i bagni pubblici sono a pagamento e di notte sono chiusi.

L’economia della puzza è anche questa, consuma territorio e risorse, ci trascina a rileggere i Miserabili di Victor Hugo attraverso le lenti di una moderna interpretazione perché un tempo il letame era un’autentica ricchezza. Botticelli amava le patatine fritte, si dice.
Firenze è un’ascella del turismo globale e non usa deodoranti. Puzza anche di un’amministrazione inadeguata ai bisogni dell’oggi. I miasmi sono la modernità, e noi che la apprezziamo, con la giusta riserva dell’identità di una nuova Firenze da ricostruire, desideriamo privilegiare i suoi odori, il “puzzino” come lo chiamano i fiorentini. Per opporsi alla forza del puzzo bisogna credere non alla forza della materia, ma alla vitalità delle derive collettive dei sogni. Quei sogni che oggi a Firenze latitano e vogliamo far rinascere.
