LA GRANDE OCCASIONE PERSA

È pratica obbligata per noi di Progetto Firenze segnalare l’ampio dibattito sui quotidiani. Il mercato degli affitti brevi d’un tratto è sulla bocca di tutti. E si parla finalmente di regole, una parola semplice, che significa convivenza all’interno di una comunità.

Resta però l’amaro in bocca nel costatare che è una storia iniziata tanti anni fa, quando le città cominciarono a cambiare pelle. Il legislatore non intervenne, e lasciò fare. Ora, invece, si è accorto – strano! – che le città si sono rotte. Le preoccupazioni, sono magari differenti da città a città: le urgenze di Firenze non sono quelle di Bologna, che a loro volta non sono quelle di Venezia. A ciascuno il suo. Tutte però hanno una cosa in comune: la loro delicata organizzazione sociale ed economica ha perso l’evidenza della collettività coesa e, nel corso degli anni, è stata modificata strutturalmente. Il periodo pandemico, che per un attimo sembrò far riscoprire la cura reciproca, ha infine finito per offrire nuovo slancio per rincorrere gli stessi modelli di sviluppo che promettono la crescita infinita dell’industria del turismo, senza curarsi di valutarne costi e prospettive reali.

All’appello, dunque, mancano ancora regole generali per normare un fenomeno che nuovo non è, ma che solo oggi sta mostrando a tutti i limiti della coesione legislativa e delle tutele giuridiche.

La legge, tuttavia, non andrà a completare il senso di vuoto rappresentato dal contrasto tra diversi e contrapposti interessi legittimi e situazioni giuridiche soggettive. La tutela del diritto di proprietà, per fare un esempio, tra chi vuole affittare ai turisti e chi vive o lavora nell’immobile di proprietà in un condominio turistificato è tutta a favore della prima categoria. Tutti sono proprietari, certo, ma sono anche espressioni di un differente peso politico di fronte alla complessa macchina legislativa.

Eppure esisterebbe, pronta all’uso, anche un’ottima proposta di legge elaborata dai giuristi di ATA (Alta tensione abitativa), che rischia, evidentemente, di rimanere al palo.

Tanti anni fa erano in molti a chiedere nuove regole prima che avvenisse il disastro. E come sempre accade in questo paese ora stiamo rincorrendo il problema. Con il pessimo costume, tutto italiano, di cercare i buoni e i cattivi di una storia senza sbocco, quando sarebbe stato semplice, e logico, cercare un equilibrio prima dell’ipertrofia di questo nuovo settore del mercato commerciale.

Poche illusioni, quindi. È facile prevedere che il legislatore non troverà una soluzione e che i Comuni rimarranno senza adeguati strumenti d’intervento, oltre quel poco che si può già tentare, forzando le prescrizioni dei piani urbanistici.

Se così dovesse essere, l’unica strada perseguibile rimarrà quella giurisdizionale. 

Una via laterale, divenuta principale in Italia da quando il legislatore non si cura di più seguire con attenzione i principi costituzionali del suo mandato. Per tutelare le situazioni giuridiche soggettive e gli interessi legittimi del cittadino non resta che andare di fronte a un giudice, sperando, sentenza dopo sentenza, di arrivare presto a creare nuovo diritto.

Una via, quella giurisdizionale, che ci dispiacerebbe essere costretti a percorrere, poiché crediamo fortemente nella forza della legge in uno stato di diritto. Una grande occasione persa, e il primo responsabile sarà proprio il legislatore assente: nazionale e regionale.