Foto di copertina © Grazia Galli
Ora che a lamentarsi dell’eccessivo affollamento in città iniziano a essere anche gli stessi turisti e i commentatori internazionali, l’overtourism a Firenze è divenuto ufficialmente un problema. La moda del momento, che si va rapidamente affermando, è quella di scaricare tutta la responsabilità dell’overtourism sui visitatori che non pernottano. Occorre dunque scoraggiarli introducendo i ticket d’ingresso, o una city tax con prelievo automatico dalle carte di credito. Per curare i mali portati a Firenze dal troppo turismo – si afferma da più parti – basta mettere in capo strumenti e risorse per attrarre il turismo “di qualità”, quello che si trattiene, meglio se sufficientemente a lungo da alzare la permanenza media oltre i 2,71 giorni registrati lo scorso anno. Ancor meglio poi, se nel suo trattenersi si fa guidare fuori dai soliti circuiti del centro storico per scoprire le periferie e magari anche l’area metropolitana.
Ma è davvero così? Per risolvere l’overtourism basta espellere i turisti giornalieri, convincere gli altri a restare più a lungo e distribuirli su tutta la città?
Proviamo a ragionarci su insieme partendo dai numeri di cui spesso si sente parlare in modo confuso. Il totale delle presenze turistiche (X) deriva da una formula semplice, che tiene conto del numero totale di turisti che arrivano in città senza pernottarvi (yg), di quanti invece vi pernottano (yp) e per quante notti ciascuno (kp).
Se si agisce solo per aumentare kp, necessariamente aumenta X. L’unico modo di diminuire X è agire per ridurre yg e/o kp e yp. E’ matematica, è c’è poco di opinabile. Ciò su cui semmai è legittimo avere valutazioni differenti riguarda l’impatto che l’aumento dell’una o dell’altra variabile ha sul bilancio costi-benefici, valutati per la città nel suo insieme, o per le singole categorie.
Sarebbe compito della politica, specie se assume la responsabilità di amministrare una città, operare al di fuori delle leggi matematiche, per ottenere un bilanciamento a lungo termine degli interessi dell’intera comunità, agendo per esempio sugli aspetti qualitativi.
Tornando per un attimo ai numeri scopriamo che, nel 2016, secondo i dati della telefonia diffusi dall’amministrazione comunale, le presenze turistiche a Firenze nel corso dell’intero anno hanno raggiunto quota 20,2 milioni e a questa cifra i turisti giornalieri hanno contribuito per meno del 20%. Forse, allora, la magica soluzione all’overtourism non è nei numeri ma è nascosta nell’ attributo “di qualità”. Vediamo dunque le principali caratteristiche del turismo giornaliero e pernottante.
Il turismo mordi e fuggi.
Al turista giornaliero si è soliti affibbiare l’epiteto “mordi e fuggi” dando per scontato che si limiti a consumare la città, affollando per un selfie i soliti luoghi ‘cult’, sporcando e riempiendo di bivacchi il centro in cambio di qualche spicciolo speso tra bar, paninerie e supermercati. Come sempre, però, gli stereotipi riflettono la realtà solo in parte. Ciò che magari è vero per molte comitive, non lo è necessariamente per tutti. Tra i turisti giornalieri vi sono molti che vengono apposta per comprare in specifici negozi di Firenze, altri, singoli, gruppi o famiglie, per una mostra, uno specifico museo, un evento culturale, sportivo, musicale, per cui pagano il biglietto contribuendone al mantenimento, altri ancora arrivano solo per una passeggiata in quel che resta del museo a cielo aperto. Non necessariamente sono loro a bivaccare, o ad affollarsi nei soliti posti, o, tantomeno, a mollare rifiuti e trascinare trolley ovunque nelle strade e nei condomini. Non pernottano perché vivono vicini, oppure perché il loro budget consente solo viaggio, biglietti per un museo/evento e un pranzo al sacco. E se anche ai turisti mordi e fuggi si potrebbe imputare una qualche relazione con la crescita spropositata del mangificio nel centro storico di cui molti indubbiamente usufruiscono, di certo non si può imputar loro un legame con la crescente gentrificazione delle periferie, né , soprattutto, la sottrazione degli spazi abitativi ai residenti.
Il turismo pernottante.
Qualcuno pare convinto che dormire almeno una notte a Firenze contribuisca a salvare la città dai problemi dell’overtourism. Indubbiamente, l’introduzione della tassa di soggiorno fa si che chi dorme nelle strutture ricettive ufficiali contribuisca in qualche misura alle spese per alcuni servizi (rifiuti, trasporto pubblico), alla manutenzione dei monumenti e alla promozione turistica. E’ altresì vero che non pochi eludono la gabella, magari perché pernottano nelle tante strutture non ufficiali, il cui censimento è in crescita ma pur sempre parziale. L’obbligo di autodenunciarsi e farsi censire nel registro pubblico delle locazioni turistiche, istituito dalla legge regionale n°86 del 20 dicembre 2016 e successive variazioni, scatterà solo da marzo 2019. E’ però indubbio che chi resta in città più giorni contribuisce all’economia locale con gli acquisti, i pasti ai ristoranti, i pernottamenti, con maggior probabilità visita più di un museo, o si reca a più di un evento (mostre, concerti, ecc.). Fornisce, insomma, linfa vitale a un’economia che genera posti di lavoro e un indotto di dimensioni crescenti. Al contempo però richiede spazio, per dormire e alloggiare, posti auto a due passi dall’alloggio, servizi ad hoc studiati per rendergli piacevole e interessante la permanenza, per muoversi all’interno della città, per fare nuove esperienze, vivere nuove emozioni.
Nella Firenze che scoppia di turisti c’è un problema casa grande quanto una città.
Tralasciamo per un momento la discussione dettagliata su quantità e qualità dei posti di lavoro creati dall’economia a servizio delle diverse tipologie di turismo, così come sulla reale ricaduta sul territorio della ricchezza generata. Ci torneremo presto, magari anche con un approfondimento e un confronto costruttivo con le categorie economiche.
Ora concentriamoci sui problemi imprescindibili da affrontare per evitare che Firenze si ritrovi in pochi anni senza residenti, priva cioè della vita e del genius loci che nutrono da secoli la tipicità che rende la nostra città così attrattiva e diversa dalle mete omologate del turismo globale.
I dati diffusi dal Sunia, il sindacato degli inquilini, sul mercato degli affitti sono agghiaccianti, come pure quelli forniti da Tecnocasa sui prezzi al metro quadro per l’acquisto d’immobili, arrivati alle stelle anche nell’estrema periferia. Il risto-albergo diffuso che sottrae servizi e spazio all’abitare, dopo essersi impadronito del centro storico, si sta velocemente allargando a tutta la città. Alle voci di residenti, artigiani ed esercenti di negozi di prossimità espulsi dal centro storico che da anni lanciano allarmi ascoltati solo dai rispettivi sindacati, si aggiungono ora studenti, pendolari, abitanti dei quartieri periferici. Se a queste voci non viene conquistato spazio nel dibattito politico il rischio che restino ancora inascoltate diventa certezza.
Adottare misure che spingono ad aumentare la permanenza media dei visitatori pernottanti significa, infatti, dare ulteriore benzina al mercato degli affitti turistici e della ristorazione, appesantendo ancor di più il problema abitativo. Se poi si aggiungono misure per favorire la delocalizzazione dei flussi, senza al contempo estendere a tutto il territorio comunale le tutele tardivamente messe in campo nel centro storico con il “regolamento Unesco”, si mette a dura prova, anche nelle periferie, la sopravvivenza dei piccoli esercenti e di tutte le categorie economiche già espulse dal centro perché incentrate sull’abitare e non sul consumo turistico.
L’unica soluzione per i problemi di tutti è ridurre il numero assoluto delle presenze turistiche.
Come abbiamo visto, il turismo giornaliero contribuisce al totale per un 20%. L’impatto di una sua limitazione in termini di riduzione del consumo di risorse del territorio e dei servizi sarebbe limitato. Riguardo il problema abitativo, poi, l’impatto sarebbe nullo.
Al contrario, disincentivare il turismo giornaliero può contribuire a ridurre un poco l’affollamento dei luoghi cult in certe ore e le code per l’accesso a mostre e musei, magari con il rischio di indebolire la produzione culturale che è parte integrante dell’attrattiva di Firenze, per non dire della capacità di sostenersi autonomamente imposta dalla riforma Franceschini ad alcuni musei. In realtà, quello che si persegue proponendo una qualunque azione sulla componente più debole del turismo serve soprattutto a dare al mercato del turismo un segnale positivo di attenzione ai problemi da esso stesso sollevati. Così come aumentare la permanenza e il numero dei pernottanti avvantaggerebbe varie categorie economiche.
La città è una realtà complessa, certamente molti operatori dell’economia turistica ne sono parte integrante e alla città restituiscono parte della ricchezza ottenuta generando lavoro, pagando i servizi e promuovendo iniziative; anche per loro, però, lo spopolamento della città e la sua riduzione a mero lunapark del turismo globale può rivelarsi una scelta disgraziata. In una città spopolata la cultura muore, l’attardarvisi diventa poco attrattivo. Nessuno prolunga più del necessario la propria permanenza in una città omologata alle centinaia di siti Unesco divorati dal turismo di massa, dove le immagini, i sapori, gli odori diventano uguali a quelli sperimentati altrove, in una monotonia priva di emozioni da ricordare, raccontare ad altri. In una città spopolata introdurre cospicui ticket di ingresso e esorbitanti tasse di soggiorno diventa una necessità, perché tutti sono visitatori. E basta una piccola congiuntura internazionale a scatenare il patatrac.
Ridurre i flussi di presenze turistiche a dimensioni compatibili sia con la crescita economica del settore sia con la sostenibilità abitativa, sociale e ambientale di Firenze è possibile, a patto di agire su tutte le variabili che li compongono.
Per farlo però la politica deve riappropriarsi del suo ruolo guida, facendosi forte di quel sostegno della città intera che potrebbe facilmente ottenere se solo abbandonasse, una volta per tutte, l’abitudine di gettare fumo negli occhi, e cominciasse davvero a rappresentare gli interessi di tutti, mettendo in atto seri programmi per bilanciare e tutelare tutte le componenti della comunità fiorentina.