LA TASSA DI SOGGIORNO CHE PAGANO ANCHE I RESIDENTI

LA TASSA DI SOGGIORNO CHE PAGANO ANCHE I RESIDENTI

Intervento di Grazia Galli pubblicato sul numero 357 di Cultura Commestibile del 6 giugno 2020

Dietro la tassa di soggiorno c’è un equivoco da affrontare.

Concepita come contributo del turista soggiornante a coprire i costi dei servizi forniti dai Comuni e del mantenimento di beni artistici e architettonici, secondo la narrazione si tradurrebbe in diffuso beneficio per tutti i cittadini. Addirittura nel caso di Firenze, le ultime giunte comunali usano sottolineare di aver potuto, grazie a questa entrata, alzare la fascia di esenzione dall’addizionale irpef e mantenere l’aliquota bassa e uguale per tutti i percettori di un reddito sopra i 25 mila euro.

Ciò che però non tutti hanno ben realizzato sin qui, è che, fare un giochino del genere in città ad alto tasso di turistificazione rende nei fatti il bilancio comunale dipendente dall’overtourism e induce le amministrazioni a compartecipare degli stessi meccanismi estrattivi e di rendita che in teoria dovrebbero contrastare.

Non a caso, gli amministratori di città come Firenze, in cui l’obolo dei turisti è divenuto voce fondamentale del bilancio comunale, non hanno trovato valide ragioni per opporsi alla diffusione capillare di quelle forme di ricettività che hanno stravolto interi condomini e lo spazio abitativo dell’intera città, rendendo definitivamente invivibili per i residenti il centro storico e le aree limitrofe. Anzi, fino a poche settimane fa resort e studentati di lusso erano accolti ovunque e a braccia aperte come unica via alla riqualificazione urbana. Una dipendenza tossica del tutto simile si è instaurata verso i bus turistici, portatori di veleni e di orde invalicabili di turisti mordi e fuggi nelle strade e nelle piazze del centro, ma anche del grasso tesoretto derivante dai ticket di ingresso.

Alla ragioneria pubblica che di questo perverso meccanismo contabilizza solo le entrate, sfuggono però del tutto i costi che, direttamente o indirettamente, si sono andati a riversare sui bilanci privati delle famiglie residenti.

Al di là del prezzo che l’industria dell’overtourism ha imposto in termini di qualità della vita, sono andate aumentando anche voci di spesa importanti, come le quote condominiali, il costo degli affitti, quello della vita in generale e dei servizi. Per molti residenti tutto ciò si è poi accompagnato a un sensibile scadimento della qualità dei servizi pubblici, di tutta evidenza distribuiti disugualmente e concentrati in aree e aspetti di prevalente interesse turistico, o addirittura erogati in subordine alla presenza dei turisti, come i bagni pubblici comunali rimasti chiusi anche a ripartenza avviata.

Ripensare la tassa di soggiorno e il suo impiego nei bilanci comunali non è più rimandabile. Usarla per non agire sull’aliquota irpef si è rivelato un tragico errore, soprattutto quando, come a Firenze, ne è conseguita una flat tax a esclusivo vantaggio proprio di chi dell’industria del turismo basata sulla rendita ha fatto fortuna propria a danno di un’intera città.