L’IRCOCERVO METROPOLITANO DI FIRENZE

L’IRCOCERVO METROPOLITANO DI FIRENZE

Foto di copertina © Massimo Lensi

La nostra è una città che amerebbe perseguire ambizioni proiettate nel futuro, senza però occuparsi dei problemi del presente.

Un vizio tipico di molte amministrazioni che ne hanno segnato il passato e complicato il presente. La conseguente mancanza di prospettiva amministrativa si continua a sentire soprattutto nell’incapacità di perseguire la necessaria coesione di interessi (e la condivisione dei problemi) su un territorio che è ben più ampio di quello definito dai confini comunali. Si parla, per esempio, di portare la tramvia a Campi Bisenzio, ma allo stesso tempo le logiche del campanile impediranno di costruire il nuovo stadio della Fiorentina in quel comune, nonostante sia parte integrante di una comune area amministrativa metropolitana. Ognuno vive all’interno di un guscio senza però la necessaria protezione periferica.

Domenica si è votato per il rinnovo degli organi della Città Metropolitana.

Un ente strano, ancora né carne né pesce. In questi cinque anni di vita, la Metrocittà non è stata capace di affrontare di petto alcuno dei temi per cui è nata. Le ragioni sono tante e radicate nella legge 56 del 2014, che ha riformato le Provincie. Una riforma che, senza le necessarie modifiche costituzionali, è rimasta appesa a un’organizzazione leggera e vacua dei profili di autonomia di cui l’ente dovrebbe godere. Eppure la Città Metropolitana è un organo necessario, utile al recupero di risorse e al miglior utilizzo della spesa pubblica.

Negli anni che sono intercorsi dalla sua nascita a oggi, i problemi sono rimasti lì, sotto gli occhi di tutti, disattesi.

La mancanza di coesione territoriale nella nostra area metropolitana si concretizza ogni giorno di più in sentenze e sospensive dei tribunali amministrativi. Senza contare che il superamento delle Provincie ha contaminato di profili amministrativi la Regione, un ente legislativo, snaturandone la missione e creando una sorte di assurdo Ircocervo. L’elezione di secondo grado degli organi, attraverso la concessione dell’elettorato attivo e passivo solo a sindaci e consiglieri comunali, non ha aiutato la percezione esterna dell’ente, sentito come lontano dai problemi quotidiani. Senza contare poi che, oltre al suffragio ristretto, il bizzarro meccanismo per eleggerne i membri, con il voto ponderato secondo le fasce di popolazione dei rispettivi Comuni, rende il risultato finale delle elezioni del tutto scontato, quasi inutile.

Ciò nonostante l’ente che ha sostituito la vecchia Provincia potrebbe fare molto per mettere in fila i problemi che sorgono nei Comuni e iniziare a dare delle soluzioni.

Sarebbe davvero opportuno riaprire il confronto sul futuro dell’ente, in modo da dargli, attraverso le necessarie modifiche di legge, le opportune competenze per coinvolgere da un lato i cittadini, e dall’altro affrontare le complesse tematiche che i modelli di sviluppo della modernità portano con sé: dalle innovazioni digitali alla difesa del suolo, passando per i processi urbanistici dei piani strutturali e la difesa dell’ambiente. C’era una volta la Provincia, e c’è ancora, ma in la minore, si potrebbe dire. Lavoriamo, invece, perché sia possibile fare un piccolo passo in avanti in quello che forse è il problema dei problemi: la diffusa sfiducia nelle istituzioni.