Se fossimo narcisisti ce ne staremmo magari zitti, sollevati dall’esser stati totalmente ignorati nel lunghissimo articolo che l’autorevole penna di Riccardo Staglianò ha dedicato a Firenze per il Venerdì di Repubblica. Il quadro che ne esce può essere certamente godibile per chi si compiace di dare della città la stereotipata rappresentazione in bianco e nero dell’eterna guerra tra guelfi e ghibellini, magari anche divisi in mille altre sottofazioni dedite solo ai propri interessi, su cui alta e isolata si staglia figura del governante (qui nei panni dell’assessora al turismo e del governo regionale), che sarebbe anche illuminato, ma con le mani tragicamente legate.
Che responsabilità, infatti, attribuire a chi in tanto caos pensa solo a trarne ricchezza per sé, o a chi nulla fa, se nulla si può fare?
Non ce ne voglia Staglianò, di cui continueremo ad apprezzare la tagliente ironia e anche quella capacità di approfondimento che qui – complice forse il mancato contatto con i colleghi delle redazioni locali – gli è venuta per una volta a mancare.
La Firenze che lui ha voluto raccontare la conosciamo bene, ma – vivaddio! – non è la sola né si può dire che rappresenti la maggioranza di fiorentini, di nascita o di adozione, che quotidianamente ne animano la politica, l’impegno civile, economico o sociale, e anche il giornalismo.
Chi conosce Firenze, infatti, mai si sarebbe azzardato a ridurre a mero snobismo elitario l’impegno ormai decennale nel costruire proposte alternative per lo sviluppo della città di quel laboratorio politico chiamato perUnAltraCittà (di cui fa parte l’urbanista Budini Gattai, definito “Aristocratico” “già candidato con Potere al Popolo”, e reo di avere un fratello albergatore e di disconoscere che Airbnb “può costituire un bene rifugio anche per alcuni suoi elettori”); né avrebbe optato per occupare le oltre trenta righe apparentemente dedicate ai comitati di “residenti resistenti” con un cameo di pittoresco becerume derivato dall’abile taglia e cuci degli ingenui commenti che un “anzianotta” e un “agguerrito” pensionato gli avrebbero rilasciato, piuttosto che descrivere l’appassionata cura che ciascun comitato dedica al proprio quartiere. Della sinistra fiorentina poi, anche chi avesse posato solo un occhio distratto alle recenti cronache politiche saprebbe che quella fiorentina, unica nel recente panorama nazionale, ha saputo costruire un progetto comune per una “Firenze Città Aperta” anche alle contaminazioni “civiche”.
Succede a volte e che l’abuso di sarcasmo porti a comici autogol.
Così all’estensore di un servizio d’inchiesta che con saccente ironia conclude sorprendendosi che “gente culturalmente attrezzata, di sinistra e di mondo, talvolta fatichi a unire questi puntini” occorre far presente che tra quei “puntini” sono da tempo state tracciate tante linee, figure e progetti – forse troppo a lungo paralleli ma ormai sempre più convergenti. E se questo è accaduto è anche grazie alle analisi e al concreto impegno di quei tanti cittadini che – individualmente, o raccolti in comitati e associazioni, di sinistra e non – animano la città, cercando di riportare vivibilità nelle strade e nelle piazze, difendendo e promuovendo esperienze di aggregazione e resistenza al mero uso consumistico di Firenze.
Istanze vitali e così forti e sentite da esser state recepite anche dalla classe politica che – a maggior rilevanza perché da opposte fazioni – ha, finalmente e non per caso, messo al centro del dibattito politico la necessità di trovare nuove regole per ridiscutere seriamente il modello di sviluppo che l’industria turistica ha imposto alla città.
Anche l’adesione dei Comuni di Firenze e Venezia alla lettera indirizzata alle istituzioni europee per porre regole alle piattaforme di intermediazione degli affitti turistici non è nata per caso, ma è il preciso risultato dell’impegno di due associazioni civiche che, insieme a centinaia di cittadini, l’hanno proposta alle rispettive amministrazioni.