Foto di copertina © Emanuele Baciocchi.
Le città, e in particolare quelle su cui aleggia l’interesse globale, hanno bisogno di cure e attenzioni. Gli urbanisti dovrebbero aiutare a recuperarne e valorizzarne appieno le istanze vitali. Gli strumenti sono quelli della pianificazione, che non sono gli stessi utensili legati all’architettura, altra disciplina importante per la vita di un agglomerato urbano, ma diversa per ruolo e ambizione.
Pianificare lo spazio pubblico.
La pianificazione gioca sempre più un ruolo fondamentale. La tutela stessa della democrazia si gioca nello spazio pubblico, nelle strade e nei marciapiedi. La pianificazione può mettere da parte una visione obsoleta della città, mitigarne gli aspetti violenti, esaltarne le esigenze del reale. Può favorire il dialogo tra periferie e centro, e addirittura localizzare e realizzare più centri, inserendo la complessità sociale nella stessa pianificazione. Povertà e ricchezza fanno la differenza in una città che parta dall’urbano come esperienza vissuta dei suoi abitanti. Una città può auto definirsi città “diffusa”, “smart”, “policentrica” o “sostenibile” ma qua sempre si torna: alla trasformazione continua come elemento di dinamicità sociale.
Firenze rischia di diventare un non luogo.
Firenze ha il problema della città rinascimentale, luogo di tentazione per le avidità e gli interessi dell’economia mondiale. Per tanti anni, forse troppi, la sua identità è rimasta ancorata a quel periodo.
Oggi il turista globale non cerca la rivoluzione urbanistica del Poggi o gli arditi esperimenti del sindaco La Pira. Cerca solo la saga della famiglia più famosa di Firenze, i Medici, e nella versione filmica, non certo nella sua complessità. Le palle dello stemma mediceo potrebbero sostituire il giglio, e nessuno se ne accorgerebbe.
Il marchio Firenze vale miliardi. Un marchio tutelato e ambito ma che non tiene conto dei livelli di cittadinanza che gli danno vita e sostanza: poveri, classi medie, ricchi urbani. Nell’attuale pianificazione non c’è spazio per la vita reale di chi la città abita, che anzi deve sparire o omologarsi al brand che si vuole promuovere. Firenze rischia, se già non lo è, di diventare semplicemente un non luogo. Uno dei tanti prodotti dell’avventura globale della mercificazione del territorio. Il consumo sopra ogni altra opportunità.
Ricostruire l’identità di Firenze partendo dallo spazio urbano.
Ecco, la ricerca di una nuova scienza della città invece dovrebbe partire dalla ricostruzione dell’identità, considerando che la pianificazione potrebbe realizzare luoghi al posto dei non-luoghi, nuova identità al posto del vuoto culturale che oggi vince su tutto.
La cultura del passato, che identifica il marchio, dovrebbe lasciare adeguato spazio all’esperienza del vissuto dell’urbano. Dalle periferie al centro storico, da Novoli o le Piagge ai fasti di piazza Signoria, passando per Sorgane e Rovezzano. Firenze è tutto questo. È soprattutto il dialogo da ricostruire tra periferie e centro, promuovendo l’incontro tra diverse umanità che costruiscono la nuova Firenze. La città nuova che fonda le sue radici nel modello folle dell’espansione urbana, ma che si occupa anche dei consumi energetici e della mobilità sostenibile.
Provate a passeggiare da una periferia verso il centro cittadino e vi accorgete che gli ecosistemi sono diversi, così come differenti sono le sensazioni. Firenze, però, è una, e vive tra passato e presente. Quello che manca e che noi vogliamo aiutare a costruire è il futuro. Un futuro dinamico per una città in continua e splendida trasformazione.