Foto di copertina © Emanuele Baciocchi
Una città nel tempo cambia. L’evoluzione sociale e architettonica negli anni modifica il volto più intimo dell’agglomerato di case e strade. Cambiano anche le tradizioni, l’essenza della città, la cultura e perfino la lingua. Firenze, città tradizionalmente aperta, crocevia di storie di emigrazione e immigrazione, oggi meta di milioni di visitatori ogni anno, è stata ed è naturalmente sottoposta alla forte influenza dei mutamenti.
Il fiorentinismo al posto della fiorentinità.
Oggi però, la Firenze intesa come sintesi di benefiche contaminazioni culturali sembra scomparsa. La fiorentinità, intesa come espressione della peculiarità dei caratteri sociali, è mutata nel corso degli anni fino a sconfinare in un cliché ideologico: il fiorentinismo. Un cliché che ha saldamente insediato al timone di guida l’economia, rovesciando il modello precedente e mandando in soffitta l’autonomia della politica. In questi ultimi anni non è cambiato quindi solo il volto urbanistico di Firenze, ormai allargatosi a un’area metropolitana che ha al suo interno tre province (Firenze, Prato e Pistoia), ma si è affermato un nuovo modello di sviluppo proiettato più a sfruttare il territorio che a prendersene cura. Se un tempo la biodiversità economica era garantita da una forte coesione territoriale, oggi buona parte dell’area vive su una dinamica legata a doppio filo al mito della crescita e del prodotto interno lordo. E’ perciò venuto naturale, nel corso degli ultimi anni, plasmare Firenze in nome del turismo globale, l’unico settore in grado di tradurre velocemente le nuove esigenze in profitto, con il concorso di quasi tutti i soggetti economici, culturali e politici. Con i primi, come abbiamo detto, che guidano tutti gli altri.
La Smart City che espelle i suoi abitanti.
Quando l’economia si metta alla guida della politica si ha come effetto collaterale l’indebolimento generalizzato delle tutele dei diritti politici, sociali e individuali. Sotto la spinta dei meccanismi di “brandizzazione” e della mercificazione senza volto Firenze ha perso la propria identità di città, scoprendosi d’un tratto una delle tante Disneyland del turismo globale, meta di milioni di turisti alla ricerca del selfie di sensazione e delle experiences eno-gastronomiche.
L’economia al timone, ha creato la città dell’overtourism e della gentrificazione, che espelle gli abitanti, favorendo, allo stesso tempo, la concentrazione di nuove formidabili ricchezze in canali ancora tutti da scoprire e capire. Gli stessi programmi elettorali, i modelli di coesione sociale e abitativa, la concertazione economica, la mobilità pubblica, hanno tutti subito la spinta forzata del nuovo modello, perdendo immediatamente la partita sul terreno dell’identità cittadina. Del resto, la Smart City che si muove sui nuovi ecosistemi digitali urbani sembra fatta apposta per captare sul nascere i nuovi bisogni economici e tradurli immediatamente in profitto.
Il carattere primitivista fiorentino è rimasto però paradossalmente integro e legato alla tradizione della città fragile, una comunità sconfitta prima ancora di poter esporre le proprie rivendicazioni. Una città dimenticata: il carcere, gli immigrati, i senzatetto e le sacche di nuove povertà ed emarginazione nate sotto la pressione delle dinamiche della Smart City e della lotta al degrado. Gli stessi enti istituzionali, del resto, sono costretti a perseguire il nuovo modello, la concertazione e la guida spregiudicata dell’economia non lasciano, infatti, spazio a ripensamenti.
Fermare questo meccanismo prima che sia troppo tardi è possibile.
A volte è necessario fermare le macchine e prendersi un momento di riflessione collettiva per riappropriarsi del senso di città. Per ripristinare un corretto assetto delle dinamiche economiche e creare una nuova identità urbana e civica è necessario ridare autonomia alla politica. Le istituzioni elettive devono riappropriarsi dello spazio necessario a prendere decisioni per il bene della città nel suo complesso, e non solo per assecondare i bisogni insaziabili della crescita economica. Per arrivare a questo occorre cambiare alcune leggi regionali e stabilire una forte alleanza tra cittadini e istituzioni. E’ quindi fondamentale, a partire dalle prossime elezioni comunali, porre al centro della discussione la necessità di ripensare l’attuale modello di sviluppo, cominciare a parlare di demarketing territoriale, di modelli di sviluppo sostenibile da cui ripartire, anche mettendo in discussione alcuni tratti mitologici del liberismo. La diffusione automatica della ricchezza, per esempio, è uno dei primi falsi miti da sfatare per affrontare e combattere senza schemi precostituiti la diffusione, questo sì vera e pericolosa, delle nuove povertà.
Massimo Lensi – Associazione Progetto Firenze