“Dovremo cambiare pelle”, “Il nuovo regolamento urbanistico riporterà le funzioni nel centro di Firenze per cercare di liberarlo dalla schiavitù del turismo di massa e restituirlo ai residenti”. Parole importanti, che il Sindaco di Firenze ha rivolto alla città e al Paese per chiarire la propria interpretazione del “Niente sarà più come prima”.

Giustificata, quindi, l’attesa di svolte decise e d’iniziative per coinvolgere l’intero popolo della città in un pragmatico ripensamento delle priorità amministrative, partendo dai problemi dell’oggi per identificare errori e mancanze da non ripetere o colmare.
Il crollo degli arrivi turistici indotto dalla pandemia mondiale pone certamente la città anche di fronte al difficile compito di aiutare gli esercizi di somministrazione e il loro indotto di fornitori e lavoratori, che ora si scopre essere molto più vasto di quanto contemplato dalle statistiche del Pil. Tuttavia, ciò dovrebbe essere fatto con equità e realismo, non a discapito dei diritti di altre categorie d’impresa, né di quello di ciascun cittadino allo spazio vitale, al riposo e alla libera fruizione dello spazio pubblico. La disponibilità palesata dall’Amministrazione a concedere gratuitamente più spazio sul suolo pubblico a bar e ristoranti nelle modalità preannunciate nella delibera della Giunta non sembra proprio andare in questo senso.

Non è davvero con un atto divisivo e simbolico come questo che si può aiutare la città ad affrancarsi dalla enorme dipendenza dal turismo dei grandi numeri e al contempo soccorrere il comparto del turismo in attesa di tempi migliori.
Bisognerebbe mettere subito in campo azioni che accompagnino la riorganizzazione di alcuni operatori e la riconversione di altri, favorendo la formazione di nuove professionalità. Con lo stesso rigore progettuale, occorrerebbe che l’Amministrazione si concentrasse subito nel portare a compimento quanto in questi anni non è riuscita fare: stabilire regole semplici e chiare a tutela dello spazio vitale della città, di chi vi risiede, di chi vi studia, o conduce attività che in questi anni sono state soffocate da una prioritizzazione miope delle necessità imperative dell’industria del turismo.

Anche la ricettività extralberghiera in civile abitazione andrà rivista con rigore.
Perché, se anche a qualcuno può sembrare possibile continuare a tollerare una forma di impresa che scarica sugli altri condomini parte dei propri costi, non è più pensabile per alcuna città ospitare milioni di persone sparpagliate capillarmente in ogni condominio lasciando la possibilità di tracciarne a ritroso i contatti alla buona volontà dei gestori. Né si potrà più tollerare, di lasciare vaste zone d’ombra in cui possano prosperare lavoro senza tutela, elusione delle responsabilità fiscali, di sicurezza e sanitarie verso la collettività e gli stessi turisti.