Intervento di Massimo Lensi su Corriere Fiorentino del 30 novembre 2022
Caro direttore,
se confermati, i tagli della spesa pubblica relativi al carcere potrebbero nascondere una piccola rivoluzione. Mi chiedo, infatti, se il governo non stia andando nella direzione della privatizzazione dell’esecuzione di pena. Rectius: un sistema misto pubblico-privato. Il modello potrebbe essere quello adottato in Usa, dove la funzione della pena è di natura retributiva-dissuasiva. Il nuovo governo potrebbe realizzare questo progetto affidando la rieducazione (risocializzazione esterna) interamente al terzo settore attraverso il sistema delle convenzioni con le principali associazioni del volontariato carcerario e la rimozione delle aree educazione interne, ormai, e da qualche tempo, al lumicino. Non è da escludere, lentamente e in seguito alle necessarie modifiche di legge, l’inserimento di polizia privata, formata ad hoc, per l’organizzazione interna degli istituti penitenziari. Un processo lento che andrebbe di pari passo con i progetti di nuova edilizia carceraria. Il mantenimento dei percorsi riparativi (dialogo riparativo, conferenza locale), per esempio, è sintomatico del leggero processo di privatizzazione in corso.
Quando in Italia il pubblico fallisce la missione, non si punta quasi mai a riformare il settore. La soluzione è l’affidamento al privato. E il sistema carcere è ben oltre qualsiasi valutazione di fallimento.
Firenze ha velocemente archiviato il quarto suicidio annuale nel carcere di Sollicciano. La vita quotidiana nell’istituto ha ripreso il suo normale corso: d’altronde che può fare? Qualche indignata dichiarazione e via, si riparte. Ho perso il conto di quante volte ho “visitato” quell’istituto in vent’anni. Sono arrivato alla conclusione che Sollicciano va chiuso, come andrebbero rottamati il Gozzini (Solliccianino), ormai una dépendance del fratello maggiore, e anche il Meucci, perché è intollerabile l’esistenza del carcere minorile nel 2022.
Mi fermerei qui: nessuna colata di cemento per costruire un nuovo carcere più bello di prima. Niente di tutto ciò. Dalle Burella, fino a Sollicciano, passando dalle Stinche e dalla Pagliazza e dalle Murate, Firenze potrebbe tentare una nuova via. Firenze jail free. Una città senza celle.
Fossi un coraggioso ministro di Giustizia tenterei questa via, studiandola nei dettagli, praticando il modello della “decarcerazione”, individuando strumenti nuovi tra misure alternative e riparazione del danno, e destrutturando una narrazione panpenalista che ormai mostra gli evidenti limiti se solo si vuole vedere e non si hanno gli occhi imbottiti di “carcerocetrismo”, modello molto in voga in questi anni.
L’art. 27 della Costituzione non cita mai il carcere, ma solo la pena. Le pene devono tendere eccetera. È sulla pena allora che andrebbe aperta una nuova riflessione, sul diritto penale e sulle riforme che da tanti anni attendono il mondo della giustizia in Italia. Non sul carcere: la pena può essere visibile e trattata in comunità.
La città di Firenze, nella relazione tra esecuzione di pena e comunità, dovrebbe trovare in questa nuova dimensione la soddisfazione di sentirsi ponte e utile frammento di una società che cambia.
Massimo Lensi