TORNARE SUI BANCHI DI SCUOLA PER RIDARE A FIRENZE UN FUTURO

TORNARE SUI BANCHI DI SCUOLA PER RIDARE A FIRENZE UN FUTURO

Foto di copertina © Massimo Lensi

Il futuro è dei giovani, largo ai giovani!

Chi mai si sentirebbe di contraddire questa affermazione? Nessuno. Eppure nei fatti lo facciamo sistematicamente. Durante l’anno appena trascorso, almeno ogni volta che i ragazzi hanno riempito le piazze e le strade di Firenze con le richieste dei Fridays for Future. abbiamo letto e sentito più volte la politica snocciolare impegni e promesse di attenzione e impegno nei loro confronti.

Poi, però, di cosa vedano, desiderino o pensino della città le nuove generazioni di fiorentini è difficile trovarne traccia nel dibattito pubblico, se non per i problemi legati alla cronaca, la movida, lo sballo, le droghe, e le conseguenti giustificazioni alle chiusure con cui si risponde loro, spesso in modo pretestuoso.

Ieri abbiamo avuto la fortuna di essere invitati a partecipare alla co-gestione organizzata in una scuola secondaria di Firenze e di confrontarci con due gruppi di studenti sui processi innescati dalla turistificazione della città. Nonostante l’ineccepibile organizzazione e l’accoglienza cordiale che abbiamo ricevuto, non è stata una passeggiata, tutt’altro. Il muro con cui ci siamo dovuti confrontare non era legato alla difficoltà di rompere il ghiaccio con gli adolescenti, ma al loro rapporto, se così si può definire, con la città, di cui non sembrano percepirsi parte riconosciuta.

Come dargli torto del resto?

Dai loro racconti è emerso che la prima immagine che il centro storico di Firenze gli evoca è quella delle telecamere e delle pattuglie di soldati e forze dell’ordine, mentre la seconda è quella “di tanta gente in coda” e la terza è quella dei “locali” dove ritrovarsi a bere e mangiare insieme agli amici.

La bellezza, il patrimonio storico e culturale non fanno invece parte delle immagini evocabili dal loro patrimonio di esperienze, neanche per chi tra loro ha scelto un percorso di studi proprio in questo settore per costruirsi un futuro da guida turistica nelle stesse strade o piazze, che ora confessa di evitare.

Altrettanto inaspettato è stato dover constatare come, al di fuori dell’ambiente scolastico che pur molto fa, non faccia parte del loro vissuto il sentirsi parte di una rete sociale cittadina fatta di protezioni e responsabilità condivise, o di interessi e progetti che in qualche modo li riguardino. Non perché non li vorrebbero, anzi. Sono molto preoccupati per il proprio futuro, ma talmente abituati a sentirsi soli – confinati nello stereotipo di una fase della vita che “tanto poi ti passa” – che il pensiero di chiedere aiuto, o rivendicare un ruolo, neanche li sfiora. Neanche i social sono di aiuto ad abbattere quel muro che li confina ai margini della città, perché il loro modo di usarli è attraverso canali che spesso a noi sfuggono del tutto.

Insomma, andando in là stamani le domande cui ci aspettavamo di dover rispondere erano molto più facili. Ci siamo resi conto che ad aver bisogno di tornare tra i banchi di scuola siamo noi “vecchi” così come chiunque voglia davvero cambiare il futuro di Firenze.