La solitudine di quanti hanno tentato di dare un’anima alle Murate, anche attraverso la propria attività d’impresa, si palesa oggi, grazie all’attenzione dei giornali, come un serissimo problema irrisolto. Che alle Murate non vi fosse una gran vivacità, se non quella legata agli aspetti ludico-mangerecci ce ne eravamo accorti tutti, a partire da chi vive stabilmente lì. Si fa molta fatica, invece, a capacitarsi che la situazione sia sfuggita in tutti questi anni a chi dovrebbe amministrare questo grande complesso pubblico.
Perché se un posto lo evochi di continuo come esempio di buona e lungimirante amministrazione, sarebbe ragionevole aspettarsi su esso interesse e cura costanti. O no?
I fatti di cui ora ci si accorge dicono che quantomeno non si è stati capaci di guidarne con efficacia lo sviluppo nello spazio e nel tempo, integrando le Murate nel quartiere e mettendole in connessione con il resto della città. Addirittura si è fatto poco o nulla per sviluppare connessioni vissute anche tra le varie parti all’interno dello stesso complesso.
Se poi si guarda oltre l’oggi, proiettando il possibile sviluppo dell’area nel prossimo futuro, la nostra preoccupazione tende ad aumentare.
Sempre dai giornali si apprende, infatti, che i lavori per le “famose” 16 nuove case popolari, annunciate già più volte come d’imminente arrivo, inizieranno, se va bene, nel 2023. Nel frattempo, i lavori per la tramvia procedono, invece, spediti. Tanto che si riesce già a immaginare come grazie a essa e alla fermata “Piave” (prevista in prossimità di via Ghibellina a due passi dalle Murate), un nuovo e importante flusso di persone si concentrerà nella zona. Saranno tanti a muoversi, molti turisti, molti city users, ma anche tanti residenti.
Ecco, la sfida che si pone ora con urgenza è di riempire le Murate di attività e servizi che servano alla città tutta.
Solo così si potrà evitare alle Murate la sorte di trasformarsi in una location esperienziale posticcia. Quella dove un gruppo di sparuti residenti rimangono soli a galleggiare come comparse scenografiche in un contesto che, lasciato a se stesso, rischia di riprodurre il solito copione già visto in tutto il resto del centro storico.